mercoledì 26 maggio 2010

Un giorno senza la notte, una notte senza il giorno

Ladyhawke è uno di quei classici che si guarda sempre con piacere. Il trucco sta nella semplicità, in primo luogo dei personaggi: due innamorati, lo scaltro giovane che li aiuta, il bieco cattivo che li ha maledetti, il vecchio monaco in cerca di redenzione. E poi la trama, essenziale senza essere sbrigativa, e i dialoghi, funzionali senza essere miseri. Insomma, poche cose ma fatte bene e pazienza se la colonna sonora è inascoltabile. Bella la fotografia e ottimo il finale nella cattedrale, dove Donner costruisce un happy ending romantico evitando gratuite melensaggini e offrendo la miglior inchiodatura di vescovo che si ricordi. Buono il cast, con un Rutger Hauer convincente e lo splendore indescrivibile e illegale di Michelle Pfeiffer.
C’è anche un irriconoscibile Alfred Molina nel ruolo del cacciatore.

domenica 23 maggio 2010

Noia fra le dune

Dunque, c’è questo campione di parkour di umili origini che diventa principe e passa il suo tempo a correre dietro a una sacerdotessa tanto gnocca quanto petulante e a scappare da cattivi tanto stupidi quanto improbabili, guidati da un Ben Kingsley ridicolmente mefistofelico. Tutto ciò avviene in una sequela di scene di inseguimenti, duelli e bisticci amorosi tenute insieme con lo sputo, che poi sarebbe la trama di Prince of Persia.
E non venitemi a dire che in fondo bisogna accontentarsi perche è un film tratto da un videogioco: la trilogia dei Pirati dei Caraibi (stesso produttore) era ispirata ad una giostra ed è ben lontana dall’essere una schifezza. Il merito non era soltanto di un Depp da Oscar ma anche del resto del cast, dei colpi di scena, dei dialoghi, della colonna sonora e della logica con cui la storia si snodava. Tutta roba che qui manca, soprattutto la logica della storia.
Unica perla: Alfred Molina e il suo schiavista-imprenditore appassionato di struzzi.

giovedì 13 maggio 2010

Rise and rise again, until lambs become lions

C’è un Robin leale, carismatico e ribelle; una Marion combattiva, affascinante e (quasi) indomabile; ci sono gli allegri compagni che sono, giustamente, allegri; c’è Fra’ Tuc che è un simpatico beone; c’è lo sceriffo sfigato; c’è un principe Giovanni viscido e pavido. Insomma, c'è tutto quello che ci si aspetta da un film su Robin Hood, con l’aggiunta di qualche interessante variazione. E con un cast della madonna.
Altro che il gladiatore con arco e frecce, questo è meglio.
Poi però, arrivato a metà film, al buon Ridley scappa il piede sull’acceleratore e il preannunciato orgasmo cinematografico si risolve in una venuta un po’ troppo frettolosa, con certe soluzioni narrative un po’ tirate per i capelli. Film comunque avvincente e dinamico, senza troppa retorica e con belle scene d’azione. Meglio de Le Crociate ma Massimo Decimo Meridio e il poco conosciuto Robin Hood di John Irvin restano un gradino più in su.

QUI TROVATE LA VERSIONE APPROFONDITA (ATLANTIDEZINE)

mercoledì 12 maggio 2010

Leon, che nome cazzuto

Raccontare una platonica storia d’amore fra un sicario e una ragazzina poteva essere un’idea rischiosa; troppo facile scivolare nella banalità o nel cattivo gusto. Luc Besson, in Leon, ci riesce in pieno, realizzando il suo miglior film grazie a un indovinato equilibrio di violenza, delicatezza, malinconia, ironia e dramma che nei lavori successivi non riuscirà più a ricreare. La scena d’azione conclusiva poi è un vero gioiello. Di certo però non avrebbe ottenuto lo stesso risultato senza una spettacolare coppia di protagonisti: difficile infatti dire se sia più strepitoso Jean Reno, col suo killer professionista e goffamente umano, o la giovanissima Natalie Portman, con la sua audace ragazzina in cerca di amore e vendetta. Bene anche Gary Oldman e il suo poliziotto banditesco e schizzato. Ottima colonna sonora.

Uno storpio, un matto e un vero fantasy italiano

Barbi approfitta di questa riedizione delle avventure del gobbo becchino Ghescik e dello squilibrato cacciatore di topi Zaccaria per limare e correggere, eliminando certe ingenuità (non tutte) e dando più spazio alla prostituta Isotta, la cui uscita di scena nella precedente versione risultava parecchio affrettata. Il risultato è un libro solido e piacevole, scritto con uno stile lineare e pulito che non brilla per inventiva ma neanche pecca di presunzione. L’incastro narrativo è ben costruito e procede spedito fino alla conclusione senza incappare in forzature o cali di ritmo, mentre il bilanciato mix di ironia e dramma, unito alla simpatica e cialtronesca furbizia del becchino storpio, forse il vero protagonista, e all’ambientazione rurale, dà un tocco di “italianità” a questo romanzo.
Da leggere se vi siete stufati della paccottiglia scopiazzata da Tolkien e distorta in chiave teen che gli editori italiani spacciano per “fantasy nostrano”.

QUI TROVATE LA VERSIONE APPROFONDITA (ATLANTIDEZINE)

lunedì 10 maggio 2010

L’assassina dagli occhi azzurri

Guardando Nikita non si può fare a meno di notare i tanti difetti di una sceneggiatura ricca di situazioni sconclusionate e forzature, che risulta poco credibile soprattutto quando racconta l’addestramento della protagonista e le sue imprese sul campo. Quel che stupisce è che, ciò nonostante, si finisce per restare coinvolti nelle vicende della giovane disadattata condannata all’ergastolo, reclutata dai servizi segreti per diventare una sicaria e costretta a vivere una vita divisa fra sentimento e dovere. Il merito è tutto della strepitosa interpretazione di Anne Parillaud, che dona spessore e intensità al personaggio di Nikita e tiene in piedi un film altrimenti mediocre. Divertente la comparsata di Jean Reno, bello il finale secco ed essenziale, notevole il tema musicale di Eric Serra.

domenica 2 maggio 2010

Meno male che Robert c’è

Iron Man 2 è talmente costruito sul personaggio di Tony Stark che non sarebbe strano se l’avesse anche scritto e diretto di persona, il che è un pregio, visto che Robert Downey Jr è in gran forma, ma è anche una debolezza. Già, perché puntando tutto su di lui si è perso qualcosa in tutto il resto. Trama e sceneggiatura sono infatti meno solide e brillanti del primo episodio e gli effetti speciali diventano un po’ troppo invasivi. A risentirne di più però sono gli altri personaggi – piuttosto piatti – e il cast stellare arruolato per interpretarli: gli unici che riescono a non farsi fagocitare dall’istrionico Robert sono la Paltrow, che si rivela anzi un’ottima spalla, e Jackson, con la sua fugace apparizione. Sprecati Johansson e Cheadle, poco convincente Rourke, fastidioso Rockwell.
Insomma, senza il buon Robert Iron Man 2 sarebbe soltanto un carrozzone frettoloso e scintillante, quasi interamente basato su battutine e su un ipertrofico bum-bang-crash. Con lui diventa un divertente film di intrattenimento, sebbene fosse comunque lecito aspettarsi un qualcosa di più.